COOL AND COOLEST
FREDDO ANZI FREDDISSIMO, MA QUELLO CHE SI VEDE SULLA DISTESA DI GHIACCIO DEL LAGO...
Se dovessi provare a spiegare cosa, dopo quasi 15 anni in terra di Albione, rende la mia vita Londinese sempre estremamente stimolante ciò che meglio rappresenta il mio sentire è magnificamente sintetizzato dalla parola ‘dicotomia’.
Un continuo dialogo solo apparentemente stridente tra ‘vecchio’ e ‘nuovo’, che vede coesistere antiche tradizioni come le Livery Companies o Lord Maior Show con la ossessionante ricerca della modernità e dell’innovazione.
Cosi, passeggiando in centro, l’archiettura Vittoriana, le facciate in stucco bianco e le case a schiera di mattoni rossi si susseguono accanto a grattacieli di vetro ed acciaio progettati dagli studi di architettura piu celebri del mondo. Non a caso la Gran Bretagna, gelosa custode della gloria del tempo che fu, è anche la patria della minigonna, rivoluzione culturale prima ancora che capo di abbigliamento. È la fiera madre di William Shakespeare e di Oscar Wilde ma anche di Beattles e Pink Floyd, dei Sex Pistols e dei Punks, dei Mods e dei Rockers che proprio nel dissenso nei confronti di un certo manierismo ingessato hanno trovato la linfa per ispirare il cambiamento sociale e culturale pur tuttavia preservando le vecchie tradizioni.
Proprio grazie a questo rispetto per le origini ancora oggi la nazione si ferma per qualsiasi cosa riguardi la Famiglia Reale o, molto piu semplicemente, conta i giorni che ogni anno ci saparano da eventi come i Championships di Wimbledon e ROYAL ASCOT.
Proprio a quest’ultimo, che più di qualsiasi altra cosa sintetizza il senso di attaccamento alle tradizioni, dedicherò qualche riga.
Si perché dal 1711, anno di costruzione di uno degli ippodromi piu celebri al mondo, nell’arco di cinque giornate nella terza settimana di giugno, si disputano ben 35 corse, di cui 8 di gruppo 1, che rappresentano il fulcro dell’intera stagione ippica. Inutile dire che dal punto di vista meramente sportivo una vittoria a Royal Ascot rappresenti quanto di più prestigioso esista nel panorama ippico mondiale.
La cosa decisamente più affascinate resta il contorno.
È IL PUBBLICO, INFATTI, CHE PIÙ DI OGNI ALTRA COSA RENDE QUESTI CINQUE GIORNI UN EVENTO DI COSTUME, NONCHÉ UNA QUESTIONE DI PRESTIGIO SOCIALE.
Avete presente quelle vecchie fotografie in bianco e nero, gli uomini col capello a cilindro, le giacche con le code e le donne agghindate con bizzarri cappellini per foggia e colore? Benvenuti a Royal Ascot. Qui il tempo si è fermato e le tradizioni per orgogliosamente rivivono con sempre rinnovato entusiasmo.
NEL CORSO DELL’EVENTO I SETTORI DELL’IPPODROMO OSPITANO CIRCA 300.000 PERSONE CHE CONSUMANO OLTRE 55.000 BOTTIGLIE DI CHAMPAGNE, 40.000 BOTTIGLIE DI VINO, 20.000 BROCCHE DI PIMM’S, 50.000 SANDWICH ED OLTRE 80.000 TAZZE DI TEA.
La parte decisamente più prestigiosa è il R O Y A L E N C L O S U R E , il cui accesso è esclusivamente riservato ai soci ed ai loro ospiti, per lo più esponenti dell’alta società britannica e ‘Royals’ di ogni parte del mondo. Padrone di casa è Sua Maestà Re Carlo III che insieme agli altri membri di casa Windsor, come ogni suo predecessore da oltre due secoli, assisterà alle gare e premierà i vincitori. L’accesso al Royal Enclosure, al cui interno ci sono 6 ristoranti non esattamente alla portata di tutte le tasche (il prezzo minimo parte da circa 1.500 euro fino a superare abbondantemente i 4.000 a persona) oltre ad essere blindatissimo, è condizionato al rispetto di un protocollo estremamente rigido e da regole
ben precise. A tal scopo ogni invitato riceve una lettera che spiega l’etichetta e, soprattutto, il DRESS CODE. Per gli uomini è necessario il ‘morning suit’ che in Italia viene erroneamente chiamato tight. A differenza di ciò che molti ritengono parole come tight, frack e smoking, sebbene chiaramente inglesi, non identificano in alcun modo abiti maschili che invece si chiamano, rispettivamente, morning suit, dinner jacket (chiamato tuxedo in USA) e tail coat. Il morning suit dress code prevede i classici pantaloni grigio scuro a righe verticali nere e giacca nera in tessuto herringbone (a spina di pesce) con le code lunghe (assolutamente bandite versioni con le code corte o mezzi tight per dirla all’Italiana) che si indossa sopra ad un panciotto a tinta unita di color grigio perla, beige, celeste o giallo chiaro, meglio se doppiopetto.
Sono ammesse alcune varianti come la giacca grigia oppure blu scuro ma da indossarsi solo ed esclusivamente con pantaloni a tinta unita dello stesso colore. Altra cosa strettamente obbligatoria è il cappello a cilindro, in feltro grigio o in seta nera, da tenere indosso sempre quando si è all’aperto. Gli accessori che completano l’outfit sono ovviamente i gemelli (non vorrete mica indossare la camicia coi bottoni ai polsi?!), un fiore all’occhiello da portarsi in alternativa al ‘pocket square’ nel taschino, scarpe Oxford nere non lucide (aboliti mocassini, pantofoline in vernice, velluto et similia che invece si indossano con il dinner jacket) una cravatta sobria, possibilmente a tinta unita ed il tie pin con una piccola perla o con pietre preziose.
Sebbene molti gentlemen ne posseggano uno (io personalmente ne ho due, giusto per non fami mancare nulla) la maggior parte delle persone noleggia il morning suit per l’occasione. Esistono per questo alcune sartorie specializzate in abiti da cerimonia, alcune delle quali molto antiche con tanto di certificazione Reale. Per l’occasione ne ho visitata una tra le più rinomate, Buckleight nel cuore di Chelsea, dove, grazie alla guida esperta del suo titolare Tom, ho provato il mio outfit per l’imminente Royal Ascot 2024.
Pronto per la mia seconda visita al Royal Enclosure non mi resta che attendere con ansia la fine di giugno. Perché Royal Ascot è il tempo che si ferma in una società che evolve alla velocità della luce, è la tradizione che resiste e si manifesta con una tanto gentile quanto ostinata fierezza, sono gli uomini in morning suit che respingono l’attacco dei punk, sono le carrozze che sfilano accando agli elicotteri.
ROYAL ASCOT IS A STATE OF MIND!
di Andrea "James" Gabrielli
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