4 HOTEL “MANDARIN ORIENTAL” NEL MONDO.
MANDARIN ORIENTAL: IL LUSSO CHE PENSA GLOBALE E AGISCE LOCALE.
COSA VUOL DIRE PER UNA GRANDE CATENA DI HÔTELLERIE PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE?...
È L’ UOMO CHE TUTTO IL MONDO CI INVIDIA. Nel vestire, cerca il connubio tra qualità e frugalità, ha pochi capi d’abbigliamento e accessori, poco eclatanti ma ben scelti e studiati, e ama distinguersi per i dettagli. Visionario e all’avanguardia ha fatto la fortuna di sarti e camiciai, estendendo le cifre ricamate anche ai borsoni da weekend e alla valigetta di lavoro. La sua camicia è bianca – come quella di Mario Draghi – e ha il collo piccolo, la cravatta è Marinella. L’orologio è il suo territorio, così come i mocassini, indossati come nessun altro. Convertito alle friulane, non trasgredisce mai la regola londinese del ‘no brown in town’, ovvero niente stringate marroni in città. Antesignano del dare nuova vita alle cose, risuola le scarpe e rinnova il bordo del loden e spesso si ritrova orfano di storici negozi di fiducia. Avvezzo al rampantismo residenziale, AMA STUPIRE SENZA FAR SFOGGIO DI RICCHEZZA, SOLO LASCIANDOLA SAPIENTEMENTE INTUIRE. Ha la passione della vela e delle imbarcazioni iconiche, ma ripiega su barche a motore per il suo irrefrenabile istinto di immediatezza. Dà un nome proprio alle sue auto, ma non sgasa, non romba e non scappotta. Fedele al pisolino pomeridiano, è comunque geneticamente sportivo e performante per natura, oggi preferisce il padel al tennis. Venera le bollicine e ha dato il via al vino rosso ghiacciato col pesce, ma non prenderà mai il diploma da sommelier. Da buon tuttologo con una solida cultura internazionale, in qualsiasi situazione, occasione o luogo dove si trovi – che sia
NY, Courma o Santa, nelle stanze di circoli riservatissimi o nella più democratica Orticola – padroneggia ogni situazione, scelta dei vini compresa. Grande affabulatore, ama la convivialità, riceve moltissimo e non contempla la pensione. Non abbandona le insegne storiche della città, su tutte quelle dei barbieri, e neanche la camicia sotto il sole cocente di Forte e il vecchio Barbour per le battute di caccia o il weekend nelle Langhe. Ha un piede nel passato e uno nel futuro. E anche chi non ha sangue meneghino nelle vene, proprio come è successo per la sciura, può riconoscersi in questo particolare insieme di vizi e virtù, che fonde sobrietà ed edonismo. È Michela Proietti, giornalista di moda e costume, a tratteggiare il ritratto irresistibile de IL MILANESE, figlio della sciura e soprattutto marito, spesso in versione Instagram husband, de La Milanese. INSIEME SONO UNA COPPIA GLAMOUR E SOFISTICATA, CAPITANATA DALLA DONNA PIÙ ORGANIZZATA, IMITATA E INTERNAZIONALE D’ITALIA, protagonista del libro di costume di maggior successo degli ultimi anni, La Milanese. Capricci, stili, genio e nevrosi della donna che tutto il mondo ci invidia, seguito dall’attesissimo secondo volume, La Milanese 2. Il Viaggio continua, in libreria per Solferino Libri.
Michela, partiamo dall’inizio. Il primo libro La Milanese. Ti aspettavi l’enorme successo e l’ironia con cui è stato accolto dalle milanesi?
Sinceramente no. Mi aspettavo di raccontare una storia conosciuta da molti milanesi ma mai, in un certo senso, codificata, messa nero su bianco. Mia mamma mi diceva: “Se ne vendi 1000 copie ritieniti soddisfatta”. Ecco, diciamo che ne abbiamo vendute molte, ma molte di più …
Qual è l’osservatorio prediletto da cui guardi i milanesi per poi scriverne?
Non c’è un osservatorio, ce ne sono decine: i parchi, i mezzi di trasporto, la scuola di mio figlio, i colleghi, le amiche, i ristoranti, i negozi … in questo sono aiutata dalla mia indole di cronista, che mi porta a osservare tutto per poterlo poi raccontare nel modo migliore. Essere una giornalista ha influenzato molto la mia scrittura.
Un perfetto milanese si riconosce da …
Una milanese ha sempre pochi loghi riconoscibili, ama la bicicletta e i tacchi bassi, ha capelli generalmente biondi o castani riflessati, che non hanno mai la piega scolpita … però la piega c’è eccome, ma lei si fa ‘aprire’ i boccoli, per evitare di uscire dal negozio e sembrare Shirley Temple.
Il milanese si riconosce dall’orologio, che è quasi sempre ‘da lista d’attesa’ e dai calzini: non solo sono blu, ma hanno il motivo del cannoncino, un piccolo cannolè … il calzino liscio è vietatissimo! Il milanese non si tinge i capelli e non fa punturine: la sobrietà conta più della eterna giovinezza.
E un wannabe?
Un wannabe ha sopracciglia tatuate o laminate, le faccette sbiancanti ai denti e indossa capi super costosi. La milanese la osserva per strada, quando lo incrocia, e pensa : “Tremendo …”
Qual è il rapporto tra Il Milanese e la moda?
Citerei il titolo del documentario su Franca Sozzani. Chaos and Creation. Non c’è un filo conduttore, c’è molta improvvisazione, che però è frutto di ricerca, cultura e passioni che arrivano da lontano e portano a una creatività che definirei unica. Il Milanese non segue la moda, la interpreta e la riadatta in vase.
Quali sono i capi iconici che non possono mancare nell’armadio de Il Milanese?
Un pantalone in velluto, un jeans bianco da portare rigorosamente in inverno, un dolcevita in cachemire blu o beige, ovviamente uno splendido tuxedo, magari da sdrammatizzare con un paio di friulane, le scarpe d’elezione anche della milanese.
IN EFFETTI SOLO LA MILANESE POTEVA ESSERE CAPACE DI TRASFORMARE UNA PANTOFOLA IN UN MUST-HAVE…
E nella valigia ?
Il Milanese innanzitutto usa solo valigie Rimowa o sacche da viaggio My Style Bag. Non mancano mai camicie sartoriali, un blazer in tessuto nobile e intelligente che non si sgualcisce durante i viaggi intercontinentali e un paio di pantaloni di ricambio … il pantalone per il milanese non deve mai essere casuale, l’orlo è una religione.
Non vedremo mai Il Milanese vestito con …
Una cintura con maxilogo o con la biancheria intima a vista: il vero milanese è uno ‘scicchettone’.
Fuori i nomi: un meneghino DOC che rappresenta al meglio l’essenza de Il Milanese e un Milanese da Fuori che ne incarna alla perfezione vizi e virtù.
Marco Tronchetti Provera, Piero Maranghi e Carlo Mengucci, capo della comunicazione di Etro: viene da Senigallia ma incarna alla perfezione lo chic milanese. All’estero direi Stefano Tonchi e con un po’ di magone direi John John Kennedy: lui e la moglie Carolyn Bessette erano due perfetti milanesi.
Il Milanese: tre aggettivi per descrivere il suo stile.
Elegante, senzatempo, imprevedibile.
Altrettanti per il carattere.
IRONICO, RAFFINATO, A VOLTE UN PO’ PEDANTE.
Il Milanese è obbligato a scegliere: un anno senza lavoro, un anno senza sciura?
Business is business: l’amore non vuole pensieri e questo detto a Milano è più vero che altrove. Se il lavoro va a gonfie vele, anche l’amore veleggia in acque felici …
di Marta Coccoluto
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