WHO ARE thePLAYERS: Simone Alocci

Dagli anni della Dolce Vita, l’Argentario è tra i luoghi prediletti del jet set internazionale – teste coronate d’Europa, divi del cinema, i nomi più in vista dell’high society – e ancora oggi conserva intatta quell’allure che ne fa una delle mete estive più desiderate. È sul molo del RIONE PILARELLA A PORTO SANTO STEFANO, uno dei più belli d’Italia, che si affaccia lo SPARKLING AMERICAN BAR del bartender Simone Alocci. Un vero place-tobe per gli amanti della mixology e non solo, inserito per due anni di fila nella prestigiosa Guida Bar del Gambero Rosso.

Simone, partiamo dall’inizio. Quando e com’è iniziata l’avventura dello Sparkling American Bar?
Lo Sparkling nasce nell’estate del 2004, ma è un’avventura che inizia molto prima. Dal mio rapporto con Porto Santo Stefano, dove sono nato e dove la mia famiglia ha per decenni gestito uno dei bar più conosciuti del paese. Dietro al bancone del bar ci sono praticamente nato, anzi forse a giudicare dal grande lavoro fatto dai miei, non escludo che possa anche esserci stato concepito! Ho iniziato come barista nell’azienda di famiglia nei primissimi anni Novanta: insieme all’esperienza cresceva in me il desiderio di provare a fare qualcosa di diverso. Un approccio che devo al concetto di hospitality tramandato di padre in figlio, un background di cui mi ritengo molto fortunato. Il percorso professionale intrapreso ad un certo punto mi stava stretto, volevo crescere e andare oltre la proposta locale di quegli anni. Lo Sparkling nasce da un’esigenza ma anche da quello che io sentivo come un dovere, quello di far conoscere l’arte della mixology. Certo il mondo non era sicuramente quello di oggi, i drink che si bevevano appartenevano alla cultura del tempo e non   esistevano particolari esigenze. Direi che c’è voluto un gran bel da fare per far capire ciò che lì per lì fu considerato diverso. La percezione iniziò a cambiare con David Wondrich – decano della mixology e uno dei maggiori esperti della storia dei cocktails, ndr – e il suo libro Imbibe, un contributo fondamentale alla diffusione del buon bere a livello
mondiale.

Dove trai ispirazione per le tue drink list?
Le mie drink list nascono semplicemente da ciò che vivo in quel momento specifico, da quel che mi influenza, dalle mie passioni, dalla mia ironia. In sostanza, parlano di me.

C’è un personaggio – del presente o anche del passato – che vorresti vedere seduto a uno dei tuoi tavoli?
Sicuramente uno su tutti è Salvador Dalì, sono molto attratto dalla sua vita stravagante ed eccentrica. Al di là dei suoi capolavori surrealisti la cosa che mi fa impazzire di più è che, in sintesi, la sua opera più grande a distanza di anni sia lui stesso.

Cosa gli serviresti?
Sai che Dalì scrisse un libro di ricette di cucina, tra cui quella di un cocktail da lui inventato?                                                                                                                                                               Ad ogni modo non credo sia stato un cliente semplice da accontentare, seppur accomodante. Me la giocherei su un qualcosa capace di richiamare un concetto da lui espresso e che è a mio avviso l’anima della società moderna: “La finzione è più forte della realtà stessa”. Giocare su gusti percettibilmente diversi nelle varie combinazioni.

Qual è il drink iconico dello Sparkling?
Difficile risponderti con certezza… al momento è il Virologist mule, un twist sull’iconico Moskow Mule ovviamente, ma con Argintum, mandarino, limone, basilico e ginger beer. Il drink è nato con l’idea di ironizzare sulle scelte fatte dal comitato tecnico scientifico per le aperture in fasce orarie e coprifuochi per il nostro settore ad inizio della scorsa stagione estiva. Servivamo il cocktail con un ticket raffigurante il professor Burioni, la ricetta del drink stesso e la dicitura “Approvato dal comitato tecnico scientifico per le alte temperature”. Non sappiamo come, ma Burioni ha postato trionfante la foto del drink e del ticket in primo piano via Twitter, puoi immaginare le risate e il successo!

Vuoi raccontarci di più sulla tua scelta no-waste per evitare gli sprechi e ridurre il cocktail cost?
È un tema attuale di grande sensibilità che mi affascina da sempre, lo stop forzato della Pandemia mi ha dato modo di approfondire. Il rispetto per la natura, la stagionalità del prodotto, il ritorno a certi materiali anche di riutilizzo e la conoscenza di nuove e vecchie tecniche andate in disuso con gli anni. .. Risparmio di tempo tirando fuori più ingredienti da un ingrediente stesso, utilizzando più preparazioni. Prendi una mela ad esempio, facendo un estratto puoi farci uno sciroppo a freddo dallo stesso o uno sciroppo in osmosi con il Roner a bassa temperatura insieme ad un simple syrup. Puoi utilizzare l’estratto normalmente o andarlo a chiarificare, con lo scarto puoi essiccarlo e farci una polvere, uno zucchero, un sale. Farci una soda o una tonica aggiungendo anche altri aromi, gelsomino ad esempio o cannella. Le possibilità sono molte, l’importante è riuscire a pianificare al meglio il lavoro di tutti i giorni!

A giugno 2020 hai lanciato ARGINTUM925, in collaborazione con Re dei re di Livorno di Fabio Elettrico. Cosa rende unico questo gin?
Dunque l’idea di Argintum nasce nell’inverno 2019. L’intenzione da subito era rendere protagonista il mio territorio, ricreare i profumi tipici della sua macchia mediterranea, in un prodotto facilmente comprensibile ai più che conservasse una grande versatilità per l’utilizzo in miscelazione. Dopo aver fatto dei miei samples e aver fatto un giro tra distillerie e liquorifici in Toscana, ho conosciuto Fabio che riuscì esattamente ad interpretare la mia necessità e, dopo vari tasting, nacque il mio più GRANDE ORGOGLIO LIQUIDO.

Dai cocktail classici alla selezione di signature, dai gin ‘sartoriali’ ai distillati lisci. Cosa ti appassiona e ti diverte di più?
I drink sono parte integrante del mio lavoro e tutto ciò che rappresentano fa parte di me, ogni sfumatura, colore, consistenza e aroma sono elementi unici e distinti. Amo alla follia e indistintamente tutto ciò che gira intorno al bicchiere, se dovessi a tutti i costi scegliere un qualcosa di specifico direi i drink sartoriali e far sentire il cliente a proprio agio.

Tralasciando ovviamente gli ingredienti, cosa c’è dentro un cocktail? Cosa rappresenta?
Immagina di vedere all’interno di una palla di neve, una località, un microclima probabilmente, colori in movimento, immaginazione, storia e conoscenza, interpretazione, personalità. Quando visito altri locali da cliente o da ospite la cosa decisamente più interessante è riuscire ad avere visione nitida di tutti questi elementi che vanno poi a finire all’interno di un cocktail.

Cosa ha significato per te il riconoscimento del Gambero Rosso?
Senza dubbio è stato un riconoscimento che ho molto apprezzato e che ha dato valore al grande lavoro che abbiamo realizzato in tutti questi 18 anni di attività. Un inaspettato booster che ci ha aperto nuove porte e possibilità, oltre che ad una diversa visibilità.

di Marta Coccoluto

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