WHO ARE THEPLAYERS: HARRIS VIGNOZZI

VIVERE IL VINTAGE È UNA VERA E PROPRIA FILOSOFIA DI VITA, BEN INTERPRETATA DA HARRIS VIGNOZZI, CHE ABBIAMO INCONTRATO NEL SUO NEGOZIO DI FIRENZE.

Quale è stato il tuo impatto con il mondo del vintage, come ti sei appassionato a questo stile?
Per perseguire il mio sogno di diventare un giocatore di calcio mi trasferii con la mia ragazza dell’epoca in Giappone. Qui ci arrivai come un ragazzo italiano di 16 anni, vestito con i brand dell’epoca più in voga: con i Jackerson, le Hogan, il Moncler pensando di essere fighissimo.
Invece, in Giappone, vidi dei personaggi vestiti in una maniera particolare come non avevo mai visto, in primis il fratello della mia  ragazza, che vestiva in un modo tutto strappato, ‘sporco’, vissuto, ed era bellissimo, quindi gli chiesi cosa indossasse, di quali marche fossero gli abiti che portava, ma lui mi rispose che non erano di nessuna marca ma soltanto capi vintage, capi che avevano 70, 80, magari anche 100 anni, capi militari, workwear, denim che avevano fatto letteralmente la storia.
Da allora mi sono appassionato, tra l’altro il fratello della mia ragazza aveva una collezione di libri sull’argomento sterminata, iniziai a studiare la storia, i capi iconici, iniziai a vestirmi un po’ come lui e da allora ho iniziato un percorso che mi ha portato a trovare il mio stile. Tant’è che mi vesto così da quando ho 19 anni, da allora non compro più niente di nuovo, tutta roba che ha avuto
una storia prima di me.

Quindi hai iniziato come acquirente di vintage per te stesso…
Sì, quando smisi di giocare a calcio aprii il mio primo negozio che in effetti era più di second hand, perché vivendo a Praga in effetti, loro erano stati ‘vintage’ per tutta la vita per via del comunismo, quindi non ne volevano proprio sapere di spendere tanti soldi per comprare una cosa usurata, o con degli strappi ecc… al contrario volevano acquistare capi nuovi dove fosse ben in evidenza il marchio, come ad esempio Balenciaga, Gucci, pertanto non aveva molto senso allora aprire un vero negozio vintage, e quindi aprii il mio primo second hand dove vendevo semplicemente capi usati.

Quindi il tuo essere imprenditore nasce a Praga?
Come dicevo prima, finisco la mia carriera di giocatore di calcio nel 2011 a 20 anni nello Slavia Praga e inizio subito la mia attività di imprenditore che prima del Covid era prevalentemente incentrata nel settore dei servizi e dell’hospitality, mentre il negozietto di abbigliamento second hand era soltanto un piacevole hobby. All’epoca compravo al kilo, mi divertivo a spacchettare, la roba che mi interessava la tenevo per me, l’altra la mettevo in negozio.
Molte attività che avevo erano rivolte al turismo pertanto il periodo del Covid fu per me estremamente stressante; fu allora che decisi di cambiare vita e dedicarmi soltanto a ciò che mi appassionava veramente … e così nacque Clochard 9.2.

Da una passione secondaria al lavoro vero e proprio …
Esatto, realizzo il mio sogno, ovvero acquistare solo cose che piacciono a me, avere un negozio vintage solo uomo e dedicarmi solo a quello. Apro il negozio nel 2020 e lascio perdere tutte le altre attività per dedicarmi solo a Clochard. Inizio a girare il mondo per acquistare i pezzi e rivenderli nel mio negozio.

Come si sta evolvendo secondo te il vintage? Come è cambiato da quando hai iniziato e ti ci innamorasti in Giappone?
L’evoluzione del mercato del vintage, soprattutto quello che seguo io, quello militare, il workwear ha avuto una impennata pazzesca in questi ultimi anni; grazie a chi fa ricerca, e grazie agli addetti ai lavori. C’è stato un boom anche grazie ad alcuni personaggi social come ad esempio Alessandro Squarzi ed altri, che riescono ad influenzare tantissimo i giovani. I prezzi sono schizzati alle stelle, inoltre soprattutto gli addetti ai lavori, come possono essere i fornitori, fanno archivio, quindi i pezzi non li vendono più, non li fanno più girare. Secondo me, nell’arco di qualche anno, i capi vintage, quelli belli, quelli che interessano a tutti andranno a finire. Io ad esempio, non faccio archivio, tutti i pezzi li faccio girare, quello che compro rivendo.

Però non acquisti soltanto capi vintage?
Dal 2017 ho cominciato a comprare tessuti vintage e sto riempendo il magazzino per poi iniziare una produzione. Sto acquistando tessuti per rielaborare e realizzare capi ispirandomi a quelli più iconici. Naturalmente non ho nessuna intenzione di fare delle repliche, ma vorrei metterci anche un po’ del mio gusto, come ho fatto ad esempio con i jeans che ho fatto produrre: li ho alzati di 3 cm rispetto ai classici 501 degli anni ’40 oppure per le giacche tipo 2 sempre di Levis ho fatto un fit diverso. Prendo ispirazione da un capo storico per riadattarlo con quella che è la mia visione.

Invece Clochard a Firenze quando apre?
Clochard in via dei Serragli a Firenze apre nel settembre del 2023. Anche se sono cresciuto ed ho vissuto all’estero per gran parte della mia vita, sento Firenze la mia città e mi sembrava giusto esserci. Inoltre occuparsi di vintage a Firenze, che è storicamente una piazza molto importante già dagli anni ’80 in questo settore, è molto stimolante. Naturalmente con la mia idea di business, ovvero proponendo il vintage che piace a me.

Ad esempio…
Per me il vintage è quello autentico, la prima field jacket è quella militare la M65 chiaramente è stata rifatta anche da altri brand negli anni ’80 ma quella originale è la M51, M65 dell’esercito americano. Quelle fatte dai brand, seppur importanti, come ad esempio Ralph Lauren negli anni ’80 sono già repliche che non mi interessano. Poi, ci sono dei pezzi che io continuo a comprare a mettere in negozio come le camicie baffalo plaid. Mi piace anche perché è un prodotto ostico, non è facile da vendere; le persone non le comprendono, non sanno bene come abbinarle, ed a me piace fare un po’ di cultura verso il consumatore.
Poi succederà che le indossa Farrel Williams e allora tutti le vorranno.
Però non seguendo una moda compro veramente quello che mi piace.

Invece a te personalmente cosa piace?
In genere i jeans. io però non ho una preferenza, come mi sveglio in tre minuti mi vesto, non ci sto a pensare tanto. Ho una visione abbastanza ampia di quello che posso mettermi, non ho uno stile mio definito, ma quello che indosso lo porto con nonchalance, l’importante è che mi ci senta bene.
Però in genere un jeans, un mocassino, oppure una derby, non mi trovo molto bene con le sneakers, le indosso raramente solo per comodità. Quello che mi piace è stratificare, mi metto 4/5 strati, una cosa sopra l’altra; spesso anche di diversi materiali che non hanno a che fare apparentemente nulla l’uno con l’altro, però nel contesto se lo indossi con nonchalance ha un senso e soprattutto ti appartiene.
L’unica cosa che non amo molto mischiare è quando vesto in maniera elegante. Allora in quel contesto riconosco i canoni di eleganza, sono più rispettoso delle regole, sono più filologico, poi però ci può stare l’ultimo pezzo un po’ più crazy.

di Simone Gismondi

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