Sarti con la valigia

Massimiliano Donnarumma della Sartoria Rossi

La nouvelle vague di sarti contemporanei è molto diversa da quella dei loro maestri. La bottega-tempio dove il sarto custodiva i codici estetici del bel vestire si è trasformata, ma soprattutto si è evoluto il concetto di sarto stesso. Non soltanto più solo padrone di casa dove accogliere clienti che vi si recavano quasi in pellegrinaggio, ma sarto globetrotter che dalla sua bottega, dal suo laboratorio, dalla sua impresa viaggia verso clienti sparsi in tutto il mondo. Quei codici di eleganza che custodiva tra le mura della bottega, viaggiano con lui in valigia, diventando un vero e proprio ambasciatore dello stile. Per parlare di questa evoluzione ho incontrato Massimiliano Donnarumma della Sartoria Rossi nel loro store in via della Vigna Nuova a Firenze.

Il suo profilo Instagram segna in modo puntuale i suoi spostamenti di lavoro: dagli Usa, all’Asia centrale, poi Dubai. Lei è un instancabile giramondo …

Abbiamo deciso da poco di annunciare gli spostamenti sui social in modo da avere una sorta di agenda pubblica. In questo modo se i clienti mi vogliono incontrare sanno dove potermi raggiungere durante gli spostamenti. Il nostro servizio è di altissimo livello e il passaparola è ancora il modo migliore per ampliare la cerchia della nostra clientela. Il servizio ‘su misura’ che offro io, è rivolto ad un target alto, sono persone che devono rimanere anonime.

Una delle sue mete abituali sono gli Stati Uniti d’America …

Esatto, sono appena rientrato da un tour negli States! Ormai è diventata una meta abituale, dove preferisco concentrare gli spostamenti in pochissimi giorni. Per mia scelta viaggio da solo, lo trovo più semplice da un punto di vista logistico anche se viaggio con circa 38 kg solo di tessuti; poi ho un’altra valigia con le prove. Ho la fortuna di essere una persona che dorme pochissimo, a prescindere dal lavoro e quest’abitudine mi avvantaggia perché a volte mi capita di non dormire per giorni, con l’adrenalina che va a mille.

Il servizio è di altissimo livello, quindi deve avere massima attenzione, anche per il tipo di clientela …

Non puoi assolutamente permetterti di sbagliare. Io ho a che fare con personaggi che purtroppo, non possiamo pubblicizzare, perché dal momento che li pubblicizzi non vendi più gli abiti ma glieli regali, preferiamo fare pubblicità in altro modo. Queste persone sono attori, cantanti, oppure ministri, politici, diplomatici. Durante gli incontri c’è un po’ di tensione, considera anche che non sono mai solo con loro, ma sono sempre circondato dal loro entourage e da molti cellulari che squillano continuamente, per cui ho a disposizione pochissimi minuti di tempo in cui sono concentrato sulle misure, sul fitting e tutto quello che ne deriva.

Facciamo un passo indietro. Com’è nata la sua passione per il sartoriale?

Io sono figlio di calzolaio e nipote di sarto. Sono arrivato a Firenze per studiare alla Facoltà di Economia e Commercio, perché i miei genitori volevano che intraprendessi un’altra strada rispetto alla loro. Poi per puro caso fui preso a lavorare per un brand di abbigliamento, dal quale andai con l’intenzione di fare una breve esperienza, invece ci rimasi a lavorare per nove anni. Iniziai come addetto alla vendita, ma poiché gli abiti sartoriali mi sono sempre piaciuti, entrai nel loro progetto di espansione di questo settore. Mi sono occupato del loro ‘su misura’, ricevendo una formazione interna all’azienda e mettendoci tanta passione. Credo di essere una persona fortunata perché faccio un mestiere che mi diverte.

Durante gli appuntamenti di lavoro, con il cliente sono un leone, perché mi sento nel mio habitat, mentre in realtà sono una persona timidissima. Tornando all’inzio della mia carriera, sempre per quel brand mi trasferii a Mosca, dove ho vissuto circa 4 anni e dove gestivo sia il loro negozio sia il servizio del ‘su misura’, in quegli anni in grande espansione. A Mosca ho avuto la fortuna di accompagnare due sarti molto importanti che lavoravano per quel brand, dai quali ho potuto imparare moltissimo anche dal punto di vista pratico. Lasciata la capitale russa, dove vissi anni frenetici, decisi di prendermi una pausa e nel 2009 presi un anno sabbatico.

Fu un’esperienza altamente formativa …

Mi servì per maturare in seguito una convinzione, una criticità nell’aspetto di questo lavoro. Lavorare a stretto contatto con i sarti a Mosca mi fece capire che mentre si stava evolvendo il ‘su misura’, il sarto, anche quello più bravo, aveva un problema di prospettiva: spesso non sapeva leggere il cliente. Anche allora i clienti sovente ‘vivevano’ sui giornali (oggi anche sui social), dunque erano persone molto attente all’evoluzione della giacca, del capospalla, mentre il sarto di vecchia scuola lo è un po’ meno. Quindi capitava che l’abito finito non era proprio quello che il cliente voleva. Il sarto interpretava il cliente con la sua visione, quella di quando si era formato, magari trenta o addirittura quaranta anni prima.

Nel mio modus operandi il sarto cuce, ma il cliente lo vedo e lo curo io. Può sembrare un’assurdità, perché per curare un difetto ad una giacca è importante che il sarto lo veda, ma in questa fase ho preferito specializzarmi io. I nostri maestri sarti hanno un’età media di oltre sessant’anni. Questo passaggio, fondamentale e delicatissimo, lo risolvo io, prendendo le misure, capendo le esigenze del cliente, per poi parlare con passaggi successivi. Adesso questa modalità operativa si è affermata sempre più, anche se c’è ancora chi accompagna il sarto dal cliente. La clientela giovane di 30, 40 anni, che si avvicina al sartoriale ha una visione diversa rispetto al cliente ottantenne che invece vuole una giacca come gliela facevano 50 anni fa.

Come si sposano lo stile che incontra all’estero con il tuo stile, con la tradizione sartoriale italiana?

Cambia da continente a continente. Lo stile rimane quello, però ci sono dei piccoli cambiamenti che incontrano il gusto del cliente. Ad esempio negli USA orientali, intendo New York e Washington, il gusto dei miei clienti è più classico, hanno bisogno di una spalla un po’ costruita, anche per il lavoro che fanno. A Washington incontro funzionari di governo, oppure diplomatici, quindi il dress code è molto chiaro e definito. A questi clienti è impossibile proporre un abito decostruito, sono persone che si presentano davanti al Presidente degli Stati Uniti d’America e non possono avere una spalla che fa pieghe, un montante stropicciato.

Totalmente opposto è quello che succede a Los Angeles, dove tra l’altro mi capita di fare gli abiti più belli, grazie al luogo, ed ai personaggi che vesto. Sulla costa occidentale ci si presenta con modelli decostruiti, spalle molto più italiane, più vuote, più comode eppure siamo sempre nella stessa nazione. La stessa cosa capita ad Est. Nelle realtà ex-sovietiche, come l’Azerbaijan, ho clienti che sono ministri, politici e quindi hanno bisogno di abiti molto formali e personaggi invece più attenti all’evoluzione della giacca, dello stile contemporaneo. È chiaro che parlando di ‘su misura’, l’abito va costruito, studiato insieme al cliente, mai imposto. Sono più fermo nel consigliare un tessuto, che deve avere un’ottima vestibilità, mi impongo un po’ quando si parla del peso di un tessuto, perché ci sono tessuti più idonei per farci solo una giacca piuttosto che un abito.

Del resto chiamano lei e la Sartoria Rossi per lo stile ed il linguaggio sartoriale che esprimete, poi chiaramente si deve trovare una sintesi con la personalità dei clienti, anche se viaggiando immagino che tenderà a prevalere un gusto più internazionale.

Il nostro cliente viaggia molto. Una caratteristica della Sartoria Rossi e della sua organizzazione, è quella di avere tutti negozi diretti. Questo vuol dire che in alcune città, come ad esempio Dubai e Londra, ho anche un prezioso appoggio logistico, sia per quanto concerne le stoffe campione, sia per la prima prova che posso fare direttamente in negozio. Un servizio estremamente apprezzato dai miei clienti è quello di effettuare gli incontri per le diverse fasi in posti diversi nel mondo. Ovvero, per esempio, posso incontrare un cliente un giorno a Los Angeles, dove sceglie i tessuti e il modello, successivamente gli faccio una prima prova a Dubai e infine effettuo la consegna a Londra. Un servizio del genere è esclusivo e molto complicato da organizzare, ma noi ci riusciamo. Immagina quanto possa essere apprezzato da un cliente V.I.P. …

Si può essere più o meno bravi, più o meno organizzati, ma di certo non sono le giacche che mancano al mondo. Tutto quello che fa la differenza è il servizio e la professionalità. Di sarti ce ne sono tanti, ed io non sono nè il primo nè l’ultimo, quindi è fondamentale il servizio offerto al cliente. Spesso con i clienti si instaurano rapporti di completa fiducia. Tante persone prima di prendere un appuntamento mi hanno studiato a fondo, l’aspetto della sicurezza per i nostri clienti è importante al pari del servizio che offriamo. La sicurezza è fondamentale, il sarto mette anche il metro al collo … ci sono stati diversi episodi da ridere. Poi ci sono state anche situazioni estreme, in cui i clienti non li ho potuti neanche misurare, ma mi è stato concesso soltanto di osservarli per pochi minuti ad una distanza di 5 metri, in cui ho dovuto misurare con gli occhi. La soddisfazione è stata massima nel sapere che gli abiti sono andati bene.

di Simone Gismondi con foto di Mitchell Vito

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