WHISKY AI CONFINI DEL MONDO

Il Giappone e le altre nazioni produttrici di Whisky

In principio fu il Giappone: se fino alla fine del ventesimo secolo, parlando di whisky si prendevano in considerazione solo tre nazioni, ovvero la Scozia, l’Irlanda (dove la dizione è di whiskey, con la ‘e’) e gli Stati Uniti. Agli inizi degli anni 2000 una nuova grande nazione pare essersi imposta nell’immaginario dei consumatori, ovvero il paese nipponico. Un fenomeno curioso, che vede come protagonista un paese geograficamente lontano dalla tradizione anglo-americana a cui eravamo abituati. Per scoprire di più sulla storia di questo successo, e soprattutto per capire quali saranno le prossime frontiere del più nobile dei distillati, abbiamo parlato con Daniele Cancellara, il bar manager di RASPUTIN, il Secret Bar più famoso di Firenze, ed uno degli esperti più accreditati in questo settore.

“La storia del Whisky in Giappone è molto antica, l’inizio della sua distillazione nell’impero del Sol Levante la si deve a Masataka Taketsuru che dopo averla studiata in Scozia la portò nel suo paese nel 1924” ci racconta Cancellara “ma è solo nel 2001 con la vittoria di Yoichi 10 anni del premio assegnato da “Whisky Magazine” che si comincia, almeno tra addetti ai lavori, a parlare del paese asiatico come importante produttore di bottiglie di qualità. Il secondo elemento dell’internazionalizzazione del prodotto passa invece da Hollywood: nel 2003 esce il film Lost in Traslation nel quale Bill Murray interpreta una star del cinema in declino, arrivata a Tokyo proprio per girare uno spot pubblicitario di una marca di whisky. Questo successo cinematografico proietta il distillato giapponese nell’immaginario generale”.

Ma esistono altri paesi produttori di whisky nel mondo? E quali tra questi sono da tenere d’occhio?

“Sì, ne esistono moltissimi, alcuni anche insospettabili. Uno di cui ad esempio si parla poco, ma ha sia storia sia volumi è l’INDIA. Stiamo parlando di uno dei paesi con i consumi di whisky più alti del mondo (nel 2015 la produzione arrivò a 400 milioni di bottiglie) anche se molte referenze chiamate Indian Whisky, non lo sono realmente, ma sono bensì un mix di alcol neutro, alcol di melassa e una piccola percentuale di malto d’orzo, nonché l’aggiunta di aromi. Questi prodotti non possono entrare in Europa col nome whisky, non rispettando i requisiti, ma sono notevolmente più economici rispetto alla formulazione originale. L’ingresso del whisky in India si verifica nel XIX secolo, durante il British Raj (impero anglo indiano). Intorno al 1820 aprì a Kasauli il primo birrificio, per il quale si avviò l’importazione di malto d’orzo. Fu poi spostata a Solan, in quanto vi era abbondante scorta di acqua, e poco dopo fu trasformata in distilleria, diventando la prima dell’India. L’utilizzo dei cereali per la distillazione, non era all’epoca visto di buon grado, vista la carenza di cibo che il paese si è spesso trovato ad affrontare. Ad oggi il mercato è fiorente, e propone anche prodotti di alta qualità come Amrut Distillery fondata nel 1948, e che dal 2004 commercializza Amrut Indian Single Malt Whisky creato con orzo autoctono, oppure la Jhon Distilleries, che dopo aver prodotto negli anni ’90 distillati per whisky fake, dal 2012 ha iniziato a produrre il suo single malt, e Rampur, nata in tempi molto recenti. Un’ultima curiosità sull’India: l’invecchiamento avviene a circa 1000 m di altitudine. Pensiamo che il clima sub tropicale dell’India dia risultati molto diversi dal clima scozzese. Spesso si dice che 1 anno in India, equivalga a 3 anni in Scozia”.

Ma l’India non è l’unico paese asiatico in rampa di lancio: un’altra isola vorrebbe seguire le orme del Giappone. “Come non citare il WHISKY TAIWANESE, con il suo capostipite Kavalan, della King Car distillery, uscito per la prima volta nel 2008, 12 anni fa”. Anche qui il clima gioca un ruolo particolare: “il clima tropicale di Taiwan permette maturazioni estremamente rapide. L’angel share di queste zone è intorno al 15-20%, contro il 2% della Scozia, quindi si capisce perché spesso sono spiriti piuttosto costosi. Questo ha reso difficoltosa la produzione con invecchiamento ‘standard scozzese’, come 12- 15-18 anni, pertanto si è reso necessario l’utilizzo di botti ex sherry, nonché porto e altri tipi di vino, senza escludere botti ex bourbon e ex rum”.

WHISKY EUROPEI: IL VECCHIO CONTINENTE VERSO NUOVI TRAGUARDI

Quando i francesi decidono di fare una cosa, di solito (soprattutto se si tratta di enogastronomia) la fanno molto bene. Poteva dunque uno dei paesi che più ama il distillato di malto non produrre il proprio? Da grandi produttori di malto (hanno una tradizione birraia importante, e producono circa il 30% della produzione mondiale), e grandi distillatori (pensiamo a cognac, armagnac e calvados), il passo per arrivare al whisky non era certo lungo. Le prime distillerie, che sono anche oggi le principali, sono nate in Bretagna, ma alcune minori le troviamo anche in Champagne e Lorena e perfino in Corsica: “Parliamo di piccole distillerie, non di grandi produzioni, che si rifanno al regolamento europeo, quindi un distillato di cereali invecchiato almeno 3 anni in legno, ma la Federation du Whisky de France sta lavorando ad un disciplinare nazionale”. Ci racconta Cancellara: “l’idea, vista la grande quantità di materia prima disponibile, è che sia il malto utilizzato, sia le botti abbiano provenienza nazionale.

Proprio i francesi, così affezionati al concetto di terroir, cercano di riportare la loro filosofia anche nella produzione di whisky. Pensiamo ad esempio a Brenne, che utilizza orzo coltivato nel terreno del cognac, tipicamente gessoso, e invecchiato in botti ex cognac o vergini di limousine francese, oppure a O.G. Rozelieurs, che utilizzando orzo coltivato in terreno vulcanico e circondato da frutta come prugne, ha un sapore molto strutturato. In Bretagna troviamo Armorik, della Warenghem Distillery, che esprime sentori di malto e floreali, o Kornog, della Glenn Ar Mor, che pur essendo molto vicino, esprime sentori molto più salini”. Un altro paese insospettabile è la SVEZIA “la storia del whisky svedese inizia con Mackmyra, poco più di 20 anni fa, quasi come un gioco tra un gruppo di amici, tutti appassionati di single malt. Nel 1999 apre appunto Mackmyra Distillery nell’omonima cittadina, una piccola distilleria con una capacità di 300.000 litri. Dopo svariate release, nel 2011 apre un’altra distilleria, a circa 10 km dalla precedente, molto più grande ma a basso impatto ambientale, che ha portato la produzione a 1,2 milioni di litri. L’unica altra distilleria degna di nota è HVEN, sull’omonima isola, che si trova tra Danimarca e Svezia, la quale produce un eccellente single malt e altri prodotti come gin e vodka”.

Ultima arrivata a livello temporale è la SPAGNA “proprio quest’anno, Basque Moonshiners ha rilasciato la Pioneer Edition di Agot, il primo single malt basco, realizzato in collaborazione con Manu Iturrezu, proprietario del Residence Bar di Bilbao. Per adesso ne sono state prodotte poco meno di 1000 bottiglie, ed è un 3 anni e mezzo, di cui i primi 3 in ex bourbon, e i successivi 6 mesi in ex Rioja Alaves Red Wine”.

ITALIA, CI SIAMO ANCHE NOI !!

In Italia, l’unica distilleria creata appositamente per la produzione di whisky è Puni, fondata nel 2010 a Glorenza, in Alto Adige, in mezzo alle Alpi. La scuola è fortemente scozzese, infatti la zona è stata scelta per avere un clima simile alle Highlands del nord. Inoltre gli alambicchi sono stati progettati appositamente per la Puni e realizzati dalla ditta Forsyths nella città di Rothes. Nel 2015 escono le prime 2 release di Italian malt, Puni Alba e Puni Nova, entrambe fatte con una miscela di cereali (orzo, segale e grano). Sperimentano molto gli invecchiamenti in botti ex Marsala, ed anche una release in ex Pinot Nero, vino diffuso nella zona. Oltre a questo ci sono altre distillerie che propongono whisky, ma non di stile manierista ispirato alla Scozia. Spesso sono distillati in alambicchi da grappa, che differiscono molto dai classici pot still da whisky. Questo non vuol dire che sono prodotti sbagliati, sono semplicemente diversi dal concetto di whisky che abbiamo: per citarne uno è appena nato Focarile, il primo whisky toscano, prodotto dalla distilleria Nannoni, ma siamo sicuri che nei prossimi anni ci saranno molte sorprese in arrivo anche dal nostro paese.

di Federico Bellanca, Foto di Mad Mike Videomaker

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