SUA MAESTA’ IL CAPPOTTO

Ambientato nel mondo della burocrazia russa, Il cappotto, racconto di Nikolaj Vasil’evič Gogol’ pubblicato nel 1842, narra la vicenda di Akakij Akakievic Bašmackin, personaggio umile, timido, che conduce un’esistenza sempre uguale, fatta solo del suo lavoro di ricopiatore di testi, incarico che continua a svolgere anche a casa, dopo cena, non sapendo fare altro. Deriso da colleghi e superiori per la sua mitezza, la sua vita subisce però un’improvvisa accelerazione quando riesce, non senza sacrificio, dato il suo modesto salario, a farsi confezionare dal sarto Petrovic un nuovo cappotto poiché quello vecchio è tanto consunto da essere inutilizzabile. Indossare il nuovo indumento è per il protagonista una gioia che rompe la monotonia della routine quotidiana e che gli fa acquistar il rispetto dei suoi colleghi i quali lo invitano per la prima volta ad una festa. La sorte infatti prima sembra giocare a favore di Akakij Akakievic facendogli acquisire grazie al cappotto nuovo quel rispetto sociale che gli era sempre mancato. Anzi, la sola attesa del cappotto da nuova linfa al protagonista… Scrive Gogol’: “da allora era come se la sua stessa esistenza fosse diventata in un qualche modo più completa, come se si fosse sposato, come se un’altra persona vivesse con lui, come se non fosse solo, ma una piacevole compagna di vita avesse acconsentito a percorrere al suo fianco la strada della vita: e questa compagna non era altro che quello stesso cappotto (…). Era diventato in un certo qual modo più vivace, persino di carattere più fermo”. Purtroppo, proprio il cappotto nuovo sarà per il povero protagonista la fonte della sua precipitosa rovina … Dunque bastava un cappotto nuovo per guadagnare credibilità in una società classista e rigida come quella russa dell’800! Del resto, il cappotto che si indossa corrisponde al proprio stile ed è adatto alle diverse circostanze. Scrive Bernhard Roetzel nel suo libro più famoso: “Da un punto di vista puramente pratico, il cappotto serve in primo luogo a proteggere dal freddo, dal vento, dalla polvere e dalla pioggia. Accanto a questa funzione, esso indica anche che chi lo porta è per strada. L’atto di indossare il cappotto preannuncia l’imminente uscita. Soltanto dopo essere tornati ed aver tolto il cappotto ha inizio la vita sociale. Chi invece arriva ma non toglie il cappotto segnala distacco, sospetto o, più semplicemente indecisione. La funzione protettiva del cappotto può dunque essere vista anche in senso traslato. Esso ci offre un involucro protettivo contro l’ambiente talvolta ostile, crea un confine tra noi e il mondo esterno”. Il cappotto dunque è spesso una manifestazione d’intenti, nasconde o lascia solo intravedere quello che c’è sotto,
IL CAPPOTTO ‘PARLA’, RACCONTA DI NOI ED È QUASI SEMPRE UN’ AUTENTICA MANIFESTAZIONE DI STILE.
Il cappotto può essere indossato come l’ultima armatura borghese. Louis Winthorpe III e Billy Ray Valentine indossano perfettamente i loro cappotti upper class, e come guerrieri in missione, prima della resa dei conti finale, si dirigono “la dove non si fanno prigionieri, si uccide o si viene uccisi”, la sala delle contrattazioni delle borsa newyorkese. Nella stessa pellicola diretta da John Landis nel 1983, “Trading Places”, (tradotto in Italia con il titolo “Una poltrona per due”, ndr) i fratelli Dukes, massimi esponenti dell’alta borghesia wasp indossano, per sottolinearne il rango di fondatori del capitalismo, impeccabili cappotti, come ad esempio quello di cammello, vera e propria icona.

Tuttavia, ad esempio, il cappotto di cammello è quanto di più trasversale possa esserci; infatti è anche ‘la divisa’ indossata da due mostri sacri del cinema, in due pellicole uscite agli inizi degli anni ’70, che parlano di un amore folle: Marlon Brando di ULTIMO TANGO A PARIGI e Alain Delon di LA PRIMA
NOTTE DI QUIETE. In queste due pellicole, il cappotto, stropicciato, sgualcito, vissuto è l’indumento perfetto dei due protagonisti maledetti e del loro amour fou, treghettando una volta per tutte questo ingombrante indumento verso gli anni della contestazione. Infatti il cappotto non è stato solo il capo prediletto di borghesi, ufficiali e marinai, ma anche il simbolo della contestazione giovanile degli anni ’60 e ’70.

A tal proposito un legame a doppio filo unisce i destini del Montgomery e del Loden. Mentre il primo deve le sue origini alla Royal Navy inglese e molta della sua fama al generale britannico B. L. Montgomery che lo indossava durante la Seconda Guerra Mondiale; il secondo prende il nome dall’omonimo tessuto di lana di pecora, grosso e pesante, prodotto originariamente nel Tirolo austriaco. Entrambi questi modelli si ritroveranno a sfilare nei cortei indosso ai contestatori ed agli intellettuali di quel periodo. Sempre il cappotto di cammello ritorna invece protagonista nel guardaroba di lusso disegnato da Giorgio Armani per il gigolò Julian Kay interpretato da Richard Gere per il film AMERICAN GIGOLÒ del 1980. Del resto non c’è film dell’epoca d’oro hollywoodiana nel quale il protagonista non sia accompagnato da un adeguato cappotto.

Ecco un piccolo elenco sintetico in ordine sparso, assolutamente non esaustivo dei principali modelli di cappotto.

ULSTER

Nasce nell’omonima provincia dell’Irlanda del Nord, dove il tessuto con cui è cucito in origine era prodotto a mano in abbondanza. La sua popolarità in Irlanda cresce agli inizi del XX secolo. Il tessuto è formato da un intreccio di fili di diversi colori, che all’epoca delle origini di questo capo, rappresentavano il prestigio sociale di chi lo stava indossando; ad esempio, solo i re potevano utilizzare un tessuto con sette colori, mentre per i servitori solamente uno. Gli elementi che differenziano i cappotti Ulster da altri modelli di cappotti maschili sono: il tessuto che deve essere quello classico, il Donegal Tweed, materiale pesante adatto agli inverni più freddi; i rever devono essere larghi dai 12 ai 15 cm; le maniche sono a camicia con risvolto; il polsino interno alto 6 centimetri; il cannone posteriore profondo 15 centimetri; e la martingala di 6 centimetri divisa in due e chiudibile con bottoni e asole. I bottoni sono rigorosamente otto, due sul collo e sei lungo il cappotto a formare il doppiopetto, e sono bottoni di corno. A proposito di lunghezza, i cappotti Ulster arrivano fino al polpaccio, almeno dieci centimetri sotto il ginocchio, e hanno uno spacco che comincia a otto o nove centimetri sotto la martingala, con sei bottoni piccoli apribili. Le tasche sono applicate sul tessuto.

BRITISH WARM OVERCOAT

Anche questo modello di cappotto trae il suo DNA dalle forze armate britanniche. Il British Warm apparve per la prima volta intorno al 1914 come soprabito militare per gli ufficiali britannici. Si tratta di un pesante cappotto a doppio petto realizzato con un tessuto di lana al 100% noto come Melton dal nome della città inglese dove fu prodotto questo panno per la prima volta. Il suo colore naturale è il tortora, si presenta con revers a lancia e bottoni in pelle, molto spesso ha spalline per le mostrine ed è leggermente sagomato. La sua lunghezza è appena sopra il ginocchio. Ricorda molto da vicino il trench. Al termine della Prima Guerra Mondiale si diffonde negli armadi dei gentlemen spesso in tessuti più nobili come il cachemire e il cammello. Questo soprabito è diventato iconico, perché è stato immortalato indosso a Winston Churchill nella foto che lo ritrae insieme a Franklin Delano Roosevelt ed a Stalin durante la Conferenza di Yalta del 1945.

RAGLAN

Questo modello di cappotto dalla linea ampia con il particolare taglio della manica, prende il nome da Lord FitzRoy Somerset Primo Barone di Raglan, comandante dell’Armata britannica durante la Guerra di Crimea alla metà del XIX secolo. Il suo nome è transitato con successo dai libri di storia, alla storia nel campo della moda appunto per la manica raglan, che si attacca direttamente al collo del capo di vestiario con una cucitura diagonale che va direttamente dall’ascella alla clavicola. Lord Raglan si fece confezionare dei cappotti con questo taglio di manica per nascondere meglio la mutilazione del braccio destro, di cui aveva subito l’amputazione per una ferita durante la battaglia di Waterloo e per avere una maggior mobilità al momento di brandire la spada. Il termine manica raglan fu inserito per la prima volta nel New English Dictionary nel 1903. Questo tipo di manica si trova oggi molto spesso in capi sportivi o casual, perché grazie alla sua forma consente movimenti più confortevoli.

Oggi il cappotto resta un punto fermo dello stile maschile. sovrano indiscusso del guardaroba. Questo capo è indiscutibilmente il re dell’inverno e continua ad affascinare gli uomini eleganti, estimatori e collezionisti di oggi, allo stesso modo della borghesia di metà ‘800. Un capo i cui diversi modelli traggono origine spesso dalle fredde e piovigginose campagne o dalle infangate tincee, ma non smette mai di affascinare.

 

di Simone Gismondi

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