THE SARTORIAL CLUB
Intervista a: KSENIA KONOVALOVA e DENNISE YEH
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In queste ultime stagioni il capospalla sta vivendo una profonda trasformazione, che la pandemia ha soltanto accelerato.
Molte aziende si sono dovute ripensare, alla continua ricerca di un equilibrio funzionale. Sapersi proporre e saper raggiungere il proprio target di riferimento è sfida fondamentale, in un mercato in cui i consumatori e la propensione all’acquisto sono mutevoli come una bandiera al vento!
In questo panorama si muovono aziende familiari con una solida tradizione, che riescono ad interpretare la cultura artigianale e manifatturiera Made in Italy. Oggi Biagio Santaniello si muove sul crinale sottile tra nuovi classici e classici rinnovati, ovvero ricercando le possibilità di sintesi tra gli imprescindibili canoni di costruzione tradizionale del capo e una nuova idea del vestire maschile. Per conoscere meglio la filosofia del brand campano, con sede a Baronissi, poco distante da Salerno, abbiamo fatto qualche domanda ad ANTONIO SANTANIELLO, direttore creativo del marchio.
Nel 1991 il laboratorio fondato dai tuoi genitori propone la prima collezione, ponendo le basi per diventare un’azienda manifatturiera. Qual è il DNA dell’azienda e come si è evoluta l’impresa familiare?
Santaniello nasce nel 1968 dal matrimonio – di vita e professionale – tra il sarto Biagio Santaniello e la pantalonaia Carmela Forino, i miei genitori. Da allora le cose sono cambiate, sia all’interno del laboratorio, che negli anni è diventato una vera azienda, sia all’esterno nel mondo e nella moda, soprattutto nel loro modo di intrecciarsi attraverso tendenze ed esigenze in continua evoluzione. Si tratta di esigenze che solitamente riguardano il prodotto ma oggi diventano spesso vere e proprie richieste di nuovi punti di riferimento. In Santaniello sta avvenendo una bella continuità generazionale di ascolto e risposta a tutte queste richieste.
Noi ci siamo evoluti conservando la cultura artigianale e la passione per la manifattura Made in Italy, dalle quali siamo nati e nelle quali siamo cresciuti; senza mai scordare la costante ricerca orientata a ravvivare quell’approccio sartoriale che ci ha permesso di navigare in oltre 50 anni di storia.
Oggi per stare sul mercato i brand sono spesso ‘condannati’ ad innovare, rimanendo però se stessi; come è possibile far conciliare questi due aspetti apparentemente opposti? Cosa si può e si deve innovare e cosa invece non va mai cambiato?
Innovare non significa per forza fare qualcosa di nuovo, forzare un cambiamento al solo scopo di cercare novità fini a se stesse, cercare un effimero effetto scenico. Tenendo saldo il nostro approccio che fa convivere rispetto della tradizione e occhio al presente, oggi per noi la sfida più importante è recuperare i canoni del vestire, facendo letteralmente ordine nell’armadio per riscoprire i design e i colori basici che permettono di costruire tanti diversi abbinamenti. È un’operazione di vero e proprio decluttering in cui il capo è centrale, però spogliato da tutto quello che troppo spesso gli viene costruito attorno.
Quali sono i vostri punti di forza, le vostre caratteristiche principali che vi distinguono rispetto agli altri?
Quello che offre oggi Santaniello è un guardaroba composto da capi fondamentali: i capisaldi. Un guardaroba ricostruito, riordinato e modulare, per ritrovare il senso della moda, o meglio dello stile e del ben vestire.
Meno cose, ma sensate. Ordine inteso come semplificazione di quel grande disordine in cui ci troviamo sommersi e che ci porta spesso ad aprire l’armadio e non saper cosa mettere, pur avendo davanti un sacco di capi!
Qual è lo stato di salute del mercato per il capospalla e per il pantalone di qualità, i due vostri pilastri?
Questo è un buon momento per i pezzi di qualità, perché il consumatore fa fatica a riordinare le idee, si sente spesso disorientato e si guarda attorno alla ricerca di nuovi riferimenti, soprattutto tra i prodotti di gamma alta. Le domande più ricorrenti sono “Cosa compro? Da chi?”. Oggi più che mai servono coordinate nuove per ritrovare il proprio stile e sentirsi sicuri.
I tessuti e la ricerca affinché le produzioni siano più green sono oggi fondamentali, come scegliete i tessuti da utilizzare ed i vostri fornitori?
Il nostro non è un settore green … L’unica strada possibile è educare il consumatore a un consumo più sostenibile, che significa attenzione al valore e alla funzione del capo – di ogni singolo capo! – contro le logiche della quantità e della tendenza momentanea. Ciò in cui vogliamo impegnarci è ricostruire e diffondere la cultura di un guardaroba più sostenibile in questo senso.
La manifattura e la sartoria partenopea e campana sono dei fiori all’occhiello del Made in Italy, un valore da preservare con cura, che spesso poggia su storiche maestranze e non più giovani artigiani. Si sta attuando un ricambio generazionale tra i vostri collaboratori?
Il ricambio generazionale non è qualcosa che avviene spontaneamente, ma un processo che si costruisce e si alimenta giorno per giorno. È importante creare contesti in cui si tramanda l’esperienza e la storia, dentro e fuori dal lavoro. Serve innescare l’interesse, cercare sempre nuove occasioni per trasferire gli stimoli, anche se poi la moda è una fiammella che parte da dentro e la dimensione della sua creazione in termini manifatturieri comporta impegno e costanza. È al contempo esercizio e poesia, un mix che speriamo possa continuare nel tempo come un’onda lunga.
Come nasce una nuova collezione? In quella fortunata della PE 23, ad esempio, ti sei immaginato dei marinai che “osservano e ascoltano il mare, cercando di leggere l’orizzonte e capire cosa arriverà”.
Già da qualche tempo nell’aria ho sentito il bisogno di un “nuovo formale” come ritorno alla regola, alla rotta. Non significa ripristinare il passato ma guardare al classico come a una bussola con cui Santaniello può continuare la propria esplorazione”;
…E invece, le prossime collezioni?
Le prossime collezioni seguono il tracciato che abbiamo inaugurato con il ‘nuovo formale’ della passata collezione PE 23, in modo sempre più consapevole e ordinato. Il focus è sul capo, sulla sua costruzione e la sua funzione. Ogni capo deve essere UNICO, ESSENZIALE, LONGEVO, COERENTE e ATTRAENTE. Sono questi i concetti attorno ai quali abbiamo voluto sviluppare la prossima ricerca. Si tratta di un’operazione di semplificazione e i grandi ci insegnano che semplificare è la cosa più difficile, perché serve arrivare all’essenza, togliendo i fronzoli e tutto ciò che distoglie l’attenzione. Al centro c’è e ci sarà sempre di più solo il capo, che deve tornare a parlare per sé, a esprimere da sé il motivo per cui deve essere scelto.
Torniamo al blazer che non deve mancare nell’armadio, all’abito da giorno e a quello più elegante per le occasioni che lo richiedono. Ritroviamo i colori basici come il blu e i toni naturali, ricordiamo l’attenzione alle materie prime come lino e pura lana. Il tutto all’insegna della modularità che consente di costruire look diversi con i capi giusti, il che significa sostenibilità fattibile!
Idee molto chiare quelle di Antonio Santaniello, finalizzate a riflettere anche sulle logiche distributive che puntano sulla qualità anziché sulla quantità e sul posizionamento del brand in fascia medio-alta/ alta, operando dallo showroom di Milano che diventa il fulcro dell’operazione.
Capi funzionali, riconoscibili in quanto tali e che possano costituire il perno sul quale incentrare la costruzione del guardaroba del players contemporaneo.
di Simone Gismondi
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