WHO ARE THEPLAYERS: AMIDÉ STEVENS
Mai assente alle edizioni di Pitti Uomo, vogliamo introdurre come nostro PLAYER un personaggio...
Icona di stile, Fernando Pane è il General Manager del 5 stelle Hotel Sina Villa Medici, un palazzo storico di inizio ottocento, situato nel centro di Firenze, impreziosito anche per la presenza, dal 2021, del ristorante Harry’s Bar The Garden.
Chi è Fernando Pane, raccontaci la tua storia …
Sono napoletano d’origine e per capire il mio percorso è bello raccontare che anche mio padre è stato direttore d’albergo, e forse proprio per questo l’ho visto come facente parte del mio destino. Curiosamente però, mio padre inizialmente era contrario al fatto che io seguissi questa carriera. Aveva paura che incontrassi le stesse difficoltà che lui aveva affrontato, lo faceva ovviamente per
proteggermi. Inizialmente dunque mi ero indirizzato diversamente, tant’è che cominciai studiando economia aziendale all’università, ma nonostante la buona volontà nel fondo del mio cuore sapevo cosa volevo: fin da piccolo ho avuto una passione sfrenata per lavorare in questo settore. All’età di 17 anni, ho deciso di tentare, iniziando la mia prima stagione durante le vacanze e andando a fare il cameriere a St. Moritz. È stato sfidante per me partire dal fondo, senza raccomandazioni, come semplice cameriere in un grande hotel in Svizzera, e penso di aver imparato molto proprio da questo. Ha segnato l’inizio del mio percorso di vita, che mi ha portato fino ad oggi. Sono felice del percorso che ho fatto, mi ha portato tra le altre cose a incontrare mia moglie e avere una figlia. Mio padre ora è molto orgoglioso di me
Oggi sei il direttore di Sina Villa Medici a Firenze, qual è stato il percorso che ti ha portato fin qui?
Come detto ho iniziato la mia carriera all’estero, lavorando in sala e poi in front office. Successivamente ho trascorso 10 anni a Roma, cambiando tre alberghi: Flora, Eden e Bernini Bristol. La mia prima tappa in Toscana è stata nella bellissima penisola dell’Argentario dove ho lavorato al Pellicano per sei anni, raggiungendo la posizione di direttore. Poi è nata in me la voglia di gestire una struttura non stagionale e di vivere in una città più adatta alla crescita della nostra famiglia.
Hai mai pensato di tornare a Napoli, anche solo a livello alberghiero?
Sono molto legato alla mia città, ma per il momento sto molto bene qui. Firenze mi sta regalando molte emozioni. È una città a dimensione d’uomo, dove ho avuto il piacere di incontrare persone fantastiche.
Inizialmente ero preoccupato per l’etichetta di Firenze come città chiusa, ma il mio essere napoletano mi ha aiutato a integrarmi bene. Lavorare qui è dinamico, sotto la bandiera di Marriott, e la sinergia con il team sta portando a una magica esperienza. Detto questo sono felice di vedere che ci sono in previsione molte aperture importanti a Napoli, e credo che sia molto bello che un giovane che voglia crescere in questo settore nei prossimi anni avrà l’occasione di farlo all’ombra del Vesuvio.
Cosa significa essere il direttore di un hotel per te?
Essere il direttore di un hotel è come essere il direttore di un’orchestra. È un lavoro continuo di coordinamento e conoscenza trasversale. Bisogna essere sempre affamati di conoscenza, e ho la fortuna di avere professionisti eccezionali che mi insegnano molte cose. Il valore umano è essenziale per raggiungere gli obiettivi.
C’è una parte dell’hotellerie che ti appassiona di più?
Mi appassiona soprattutto il momento dell’esperienza dell’hotel che il cliente si porta a casa. Essendo io un Negroni Lover adoro l’aperitivo, il momento in cui l’ospite si gode gli spazi comuni e abbassa un po’ le difese, chiacchiera e scopre di più su dove si trova.
Quando posso mi unisco ai clienti per presentarmi e avere da loro un feedback o il semplice piacere di una chiacchiera informale.
Ti abbiamo voluto tra i nostri Player anche perché sei direttore d’hotel che non si nasconde dietro una scrivania ma che al contrario diventa un emblema di stile…
Amo la bella vita e investo bene nel mio tempo. La mia selfidentity è legata alla cultura napoletana e mi piace instaurare relazioni umane. Mi fa piacere condividere le mie passioni personali e l’immagine di me come una persona appassionata alla vita, alla buona cucina, alla sartoria, ai viaggi e ai cocktail.
Essere coinvolto nella città è inevitabile nel mio lavoro e mi fa piacere che emerga questa immagine di me.
La scuola napoletana ha un evidente impronta nel tuo stile sempre inappuntabile; invece qual’è l’accessorio che ti definisce, quell’oggetto all’apparenza futile ma necessario.
Gli accessori mi completano. Ormai da tempo ho l’abitudine di indossare quotidianamente il foulard preferendolo alla cravatta, tanto da diventare un elemento distintivo. Lo trovo un compromesso perfetto. La cravatta rimane l’accessorio per le occasioni istituzionali, mentre il fazzoletto da taschino è il must in ogni occasione che sia in seta, lino o cotone.
di Simone Gismondi
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